martedì 16 agosto 2011

Fotogrammi

Dell'America (la mia America, quella che ho lasciato tre giorni fa) mi rimangono 350 foto brutte, ma un sacco di frammenti mentali, tipo:
- il quartiere di Castro, a S. Francisco, che mi ha fatto venire voglia di essere uomo omosessuale per almeno un giorno;
- i cagnolini agghindatissimi di Carmel, che mi han fatto pensare alla mia più trasandata Kuki;
- il burrito di Fisherman's Wharf, che mi ha provocato un inizio di colite;
- l'ice tea di Starbucks a S. Diego, che ha definitivamente ammazzato il mio stomaco;
- l'impressionante coltre desertica fino a Phoenix con i suoi 50 gradi, che mi ha quasi commosso (anzi, mi ha proprio commosso);
- i vortici di energia di Sedona, che non mi hanno per niente ricaricato, ma va bene così;
- il volantinaggio spietato di Las Vegas, che mi ha fatto capire che al mondo c'è sempre un lavoro peggiore del tuo.
E poi tanto tanto altro.

mercoledì 27 luglio 2011

Lungimiranza

“Lungimiranza” è una bella parola, indipendentemente da quello che significa (“capacità di prevedere per tempo ciò che potrebbe accadere e di adeguarvi con saggezza l’agire”).
Il fatto, poi, se sia bello o meno possedere tale caratteristica, ancora mi dà da pensare.
Intanto mi impressiona sempre un po’ la preveggenza, per non parlare dell’adeguatezza, che mi sa tanto di sforzo innaturale di far andare bene le cose. O perlomeno come uno vorrebbe che andassero. La saggezza, poi, appartiene solo ai bambini e ai gatti.
In ogni caso, ho passato questo mese di luglio nella maniera meno lungimirante che potessi fare e, nonostante ciò, sono parzialmente felice.

giovedì 14 aprile 2011

Nidi

Giorni fa, fuori dalla mia finestra è apparso un nido con un uovo azzurro. Il giorno prima non c’era niente.
Si tratta di una fantastica costruzione che pare venuta fuori dal nulla e che mi ha fatto pensare a come in natura tutto sia più veloce ed estremamente più colorato.
Al momento io sono lenta e viro verso un beige chiaro.

martedì 23 novembre 2010

Sconsideratezza

Chissà come si chiama quella leggerezza che prende nei momenti sbagliati, quando una fitta lucidità, invece, dovrebbe avere il sopravvento. È come se gli eventi capissero da sé che sarebbero dovuti finire.
Così finiscono, e ci si trova insospettabilmente felici.
Se fosse lungimiranza, io tra vent’anni sarei la donna più appagata del mondo.

lunedì 27 settembre 2010

Somewhere

Non necessariamente si deve andare da qualche parte, o fare qualcosa. E su questo potrei essere d'accordo.
Però, c'è un però, anzi due: se hai qualche soldo o, meglio, se sei ricco sfondato, ti viene più facile vivere una vita da ectoplasma; punto due, Sofia Coppola questa volta mi ha dato l'impressione di aver girato un film un po' buttato lì, senza infamia e senza lode.
E quindi, il film non mi è piaciuto tanto: mi è sembrata la versione stanca di Lost in Translation, senza la faccia di Bill Murray con tanto di matita per gli occhi e rossetto sulle labbra, però.
E' stanco Jhonny Marco, che si addormenta con la faccia tra le gambe di una sua ammiratrice, è stanca la figlia Cleo, che non sprizza tutto questo entusiasmo a giocare con la wii del padre, per non parlare delle due lap dancer che, a ben vedere, di erotico non avevano poi molto.
Gli unici belli vispi, ringalluzziti dalla comparsata d'autore, sono le very important person nostrane che, a sentire dalle interviste rilasciate, non hanno patito il fatto di interpretare loro stessi in quanto macchiette di un brutto modo di fare televisione. Nemmeno se ne sono accorti. Ma questo è un altro paio di maniche.

martedì 13 luglio 2010

Agosto

Giovedì scorso al concerto dei Perturbazione di Asti Musica ho riascoltato una canzone che mi è parsa lontanissima e vecchia, come se non l'avessi sentita da chissà quanto tempo, come se fosse stata scritta vent'anni fa. Trattasi di "Agosto", allegro motivetto scritto solo nel 2002, così mi pare.
Sono tanti o pochi otto anni per una melodia? 

giovedì 3 giugno 2010

Cosa voglio di più

Me lo chiedo spesso cosa vorrei di più e devo ammettere che Pierfrancesco Favino nelle vesti del cameriere calabrese potrebbe essere una buona risposta.
Non è solo un’annotazione frivola al film di ieri (Cosa voglio di più, Silvio Soldini, 2010), ma l’amara (o forse non tanto) considerazione che il meglio c’è e che noi pensiamo sia quasi sempre ciò che non ci appartiene, non ancora o non del tutto, proprio per il fatto di non essere nostro.
Soldini è bravo a non esprimere giudizi e a mostrare le impossibilità del quotidiano: la precarietà economica, gli affetti sviscerati ma non annullabili, le scelte fatte che diventano abitudini. Chi è più forte non ci casca; il cambiamento non è possibile.