venerdì 26 dicembre 2008

Santo Stefano

Le date come il ventisei dicembre sono state progettate per far rientrare la nausea del venticinque.
E per pensare a dove si era un anno prima.
Puntualmente, porto a termine entrambe le azioni con eccellenti risultati: sia santificato il Plasil e buon Natale anche a te!

martedì 16 dicembre 2008

Aspetta la primavera, Cristiana!

Per il ragionier Fantozzi, una volta andato in pensione, i giorni diventano tutti uguali, eccetto il sabato e la domenica: il fine settimana è la legittimazione sociale del riposo.

Come Ugo Fantozzi, anch'io sono andata in pensione da parecchi eventi, attività e persone quest'anno, e il lavoro di disseccamento proseguirà, turbabile, fino al disgelo.
Nel mentre mi godo i miei sabati con metaforici caffè a letto.
Niente, ma proprio niente, di più.

venerdì 14 novembre 2008

Entre les murs


Finalmente la settimana scorsa riesco ad andare a vedere La classe, Palma d’oro a Cannes.
Entre les murs è il titolo originale.
Non saprei bene come definirlo: il film ha un taglio documentaristico così poco didascalico e autoreferenziale da sembrare più reale del reale. Tragico. Forse è questa la definizione più corretta.
In quella terza media francese non ci sono protagonisti o eroi, non c’è Robin Williams che sale sulla cattedra, non ci sono alunni geniali e mal compresi. Ci sono persone che non sanno cosa fare, non conoscono la soluzione migliore e non sono in grado di rispondere a domande semplici come «cosa hai imparato quest’anno?» o «perché il caffè è aumentato di 10 centesimi?».
Perché non ci sono risposte all’interno del microcosmo di un’aula scolastica, ma solo incerte e sperimentali vie di fuga.
Una piccola lezione per chi legifera con la leggerezza tipica di è convinto di avere certezze a portata di mano.

sabato 8 novembre 2008

L'importante è partecipare

Un metodo infallibile, e alla fine anche piacevole, per rendersi conto che l'età non è solo un fatto anagrafico, ma un dato oggettivo inconfutabile, è recarsi a un concerto di Francesco Guccini.
Hai passato già da un po' i trenta quando ti fa male l'osso sacro a star seduto per terra (ma urli se quello davanti a te prova ad alzarsi), se non ricordi più così bene le parole di Vedi cara (saranno dieci anni che non la sentivi più), se alzare il pugno su "trionfi la giustizia proletaria" ti fa sentire parecchio pirla, e se Eskimo, però, ti piace sempre un sacco perché ti ricorda il liceo.
Viva viva il Guccio, Flaco Biondini, Antonio Marangolo, Ares Tavolazzi, Vince Tempera che mi han fatto divertire ieri sera, ma sì.

giovedì 30 ottobre 2008

Pillole di saggezza

Prima pillola: è più difficile staccarsi dalle brutte abitudini che da quelle buone.
Seconda pillola: il consumismo ci vuole preparati, non ignoranti.
Queste acute considerazioni mi balzano improvvisamente in testa mentre sono in fila alla cassa di un McDonald's.
Il Duomo è stato ripulito a dovere, il mio stomaco pure. Quindi, per far fronte alla fame di mezzogiorno e mezza, opto per un posto come si deve: la "grande famiglia" della ristorazione, lì, a due passi da me.
Scegliere il menù, però, è complicato come il Sudoku diabolico della domenica, e il ragazzo con il berretto rosso alla cassa sembra spazientito: vuoi le patatine normali o le patate vertigo?
Per non sbagliare, rispondo "normale" a tutte le domande che mi fa, perdendomi chissà quali meraviglie. E il mio stomaco ringrazia.

domenica 19 ottobre 2008

Centrismi

Ho poche convinzioni, ma tutte buone. Mi esalto, poi, quando le vedo rappresentate e avvalorate da voci un poco più auterevoli della mia.
È accaduto ieri, durante la visione del film Vicky, Cristina, Barcelona di Woody Allen.
Brevemente: due turiste americane passano l'estate a Barcellona. Vicky è razionale e decisa a ottenere il meglio dall'amore (si sta per sposare con il classico "bravo ragazzo" che la ama e la rispetta), Cristina è impulsiva e incerta (sa solo quello che non vuole: un amore scontato e prevedibile). Poi c'è Maria Elena, bella, passionale, ma fragile (ha bisogno di precisi punti di riferimento per non cadere schiacciata dalle sue pulsioni).
Infine c'è lui, unico uomo della vicenda, al centro della vicenda: uno splendido Javier Bardem, con tanto di casa strafiga sulle colline di Barcellona, accento spagnolo (ovviamente), maglietta stazzonata quanto basta e pantalone in lino (ha pure le All Star). Nella vita fa il pittore (!), affermato per di più (quindi è benestante), ha un padre poeta e lo puoi trovare in casa a dipingere su grandi tele bianche, rigorosamente con le mani.
È sensuale e sfacciato, ma al momento giusto sa essere di una romanticheria spiazzante.
Allen è bravissimo a rappresentare, in maniera comica, tutto quello che le donne sognano in un uomo, sebbene poi dicano o facciano il contrario (la testimonianza è data dai mugolii di disapprovazione del pubblico femminile in sala ogni volta che veniva inquadrato il fidanzato "per bene" di Vicky). Fatto sta che quella tipologia di uomo non esiste, ma resiste nell'immaginario femminile.
A conferma che il mondo è fallocentrico e, come si ripete per tutto il film, il vero amore romantico è quello che non riesce mai a concretizzarsi.

venerdì 17 ottobre 2008

Il fantasma esce di scena

A 17 anni mi venne il pallino per García Marquez e trovai memorabili letture che oggi, con il senno di poi, non so se mi piacerebbero ancora così tanto.
Mi chiedo se non mi stia accadendo la stessa cosa per Philip Roth.
Non ho ancora comprato Il fantasma esce di scena e già so che mi piacerà. Lo compro, lo leggo, e infatti non mi delude: il libro è bello, così poco sorprendentemente bello. Anzi, è molto bello. D'altra parte l'ha scritto lui, Philip Roth, che renderebbe mirabile anche la lista della spesa. O no?

Nathan Zuckerman ha 71 anni. Anziano incontinente impotente, ha scelto undici anni di vita lontano da New York – la New York dei due governi Bush e dell'11 settembre – e ora vi fa ritorno, la osserva come un fantasma dietro le quinte, e scopre molto semplicemente che ci sono eventi, stati d'animo, oggetti provvisori e mutevoli che convivono con quelli più indelebili.
La paura non è più quella di un tempo, così come i telefoni (che bella la pagina sui cellulari); il desiderio resiste, invece, insieme al piccolo ristorante italiano dove Nathan andava sempre a pranzare.

«Tu parti mentre gli altri, cosa niente affatto sorprendente, restano dove sono e continuano a fare le cose che hanno sempre fatto; e quando torni ti meravigli e provi un brivido fugace nel vedere che sono ancora lì, e ti senti rassicurato dal fatto che c'è qualcuno che passa tutta la vita nello stesso posto e non ha nessuna voglia di andare via».

Philip Roth, Il fantasma esce di scena, Einaudi, Torino 2008






mercoledì 8 ottobre 2008

Il falò delle vanità

Non è per Giorgio Gaber, ben inteso, che mi piace, ed è pure lui di Milano come me. E nemmeno per Irvine Welsh e i suoi segreti erotici (dei grandi chef). E mettiamoci pure un fumetto di Ratman e un prodigioso olio balsamico composto da ben 31 tipi di erbe diverse.
Sono oggetti, e nel mondo degli oggetti privati non esiste una vera e propria democrazia. Almeno che non si entri nella sfera pubblica. Ma questo è un altro discorso.
Sono in mio possesso, sono io l’artefice del loro triste destino… (qui dovrebbe seguire un ghigno sprezzante).
Salvo, invece, l’egregio signor Roland Barthes e la sua camera chiara.
Li salvo per la voce dolce e amica di ieri sera, per quando ci vedremo e brinderemo insieme (con o senza falò).

mercoledì 1 ottobre 2008

Nuda al mercato

Per fortuna esistono i bei libri, sì. Nudo al mercato, di Biyi Bandele, era finito sotto altri ed è venuto fuori prima che entrassi io in ospedale. È un libro straordinario, con la capacità di unire diversi registri e più voci.
Gli appunti di Rayo sulla sua prigionia da parte del governo dello Zowabia, l’amore per Tere che dorme con tutti per pagarsi gli studi, la voce di un fratello che assiste a una vita di pazzia, senza saper mantenere, però, la stessa lucidità di chi è capace a uscire, spogliarsi e correre nudo al mercato della sua città.
In tutto ciò riesce a inserirsi anche una breve leggenda (per me sono le pagine più belle) sullo Zowabia e sulla sua gente, che costruisce muri elettrificati e redige uno splendido esempio di Costituzione (chiamata “dei Due Pesi e delle Due Misure”).

Vorrei avere la stessa sensatezza di Rayo in questo momento, la stessa calma intelligenza che sa dove andare a parare, con il coraggio di chi non è certo di nulla. Vorrei la mia Tere, che non sarebbe mia, ma ci sarebbe quando ne ho bisogno. Ora. Vorrei un’altra città e altre leggi. E poi…

L’ho presa tra le braccia e l’ho spinta in alto sull’altalena. Lei ha riso e riso e riso. Abbiamo costruito castelli sulla sabbia, castelli giganti e castelli piccolissimi e castelli medi. E abbiamo riso e riso e riso. I castelli si ergevano orgogliosi sulla sabbia, e bellissimi. Erano dipinti di ogni colore e sfumatura mai vista a questo mondo: verde, nero, bianco, rosso, giallo, azzurro, viola, nocciola, ambra, grigio, marrone… mille colori e diecimila sfumature e un arcobaleno fatto di dieci arcobaleni.
E lei ha riso. E io ho riso. E lei ha riso. E io le ho detto: «Tere, un giorno ti sposerò e costruirò un castello come questo. Il più bel castello del mondo, di mille colori, con la musica giorno e notte. Per me e te soli».

Biyi Bandele, Nudo al mercato, Edizioni gorée, Iesa 2007

mercoledì 17 settembre 2008

La solitudine dei numeri primi #2

Dicevo del libro di Giordano, che non vuole essere un capro espiatorio per poter parlare male dei lettori medi e dei libri così così. Cosa che farei anche volentieri, ma non qui, che non c'è molto spazio.
Il problema, secondo me, sta nella legittimazione della scrittura da poco, da cui parte tutto quanto: i premi letterari fasulli, i clamori incomprensibili, la pubblicità insinuante, il passaparola veloce, il lettore da ipermercato e, infine, le vendite. Non sono così convinta che la mediocrità sia in tutti incisa nel DNA. C'è chi è mediocre per essenza, ma chi anche per semplice induzione o pigrizia. Penso, invece, che se venisse dato più spazio alla qualità (in questo caso editoriale), la gente non sarebbe così fessa da farsi prendere dall'entusiasmo per un libercolo qualunque.
Detto ciò, per lavoro mi è capitato di dover recensire dei manoscritti inediti per un'agenzia letteraria, ed è stato un lavoraccio: primo, perché ormai scrivono cani e porci, con risultati – a mio vedere – pessimi; secondo, perché non credo di essere ancora in grado di discernere le potenzialità di uno scritto "da classifica", che senza dubbio non possono limitarsi solo alla scorrevolezza del testo.
Per fortuna ci sono i bei libri, e a culo tutto il resto.


venerdì 12 settembre 2008

La solitudine dei numeri primi

Considerando il fatto che qui, nella casa di Hilde, non ho libri nuovi e considerando pure che qui, nell’amena Ovadacity, non esiste una libreria, vado a cercarmi qualcosa da leggere al Bennet di Belforte (detto anche il “Bennet grande”).
Non sto a riflettere sull’affascinante non-logica che circonda il reparto libreria di un ipermercato, e così mi fiondo sui volumi della hit-parade – i libri “da letto” – esposti vicino a grandi numeroni adesivi. Opto per il numero 2, La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Il motivo è uno solo: tutte le persone di mia conoscenza che l’han letto lo hanno definito “scorrevole”, ed è quello che ci vuole ora.
Il libro non ha niente che non vada, è davvero scorrevole nel senso che scivola via come le pagine di una rivista, lasciando quella sensazione di lettura di passaggio, innocua.
Lo scrittore è giovane, 25 anni, e questo è il suo primo romanzo; eppure vince il Premio Strega ed è uno dei libri più letti dell’ultimo anno, in classifica da gennaio.
Mi chiedo allora che pubblico ci sia fuori di qui, quali sono i nuovi lettori e cosa vogliono quando vanno a comprare un libro. Ma cosa volete?

mercoledì 10 settembre 2008

I sassi (non quelli di Matera)

Anche oggi non c'è, e non c'è nemmeno quello che dovrebbe darti da mangiare e aiutarti ad abbellire quella casa o a comprarti la giacca vista ora su Grazia.
E' di Armani (Emporio, però) e pare che non costi così tanto per essere una giacca di Armani (anche se è Emporio): 270 euro. Si potrebbe anche fare.
Ma poi dove vai con quella giacca?
C'è un sasso che sta esplodendo sotto le costole, come se il corpo sapesse cosa è meglio fare (quello che non si è mai fatto).
Ancora nel letto, il cane che puzza e russa lì sotto; vorrebbe essere con te e pensare che comprare quella giacca potrebbe anche avere un senso.
Il 23 il sasso non ci sarà più, quindi c'è ancora un po' di tempo.

domenica 7 settembre 2008

Non classificato

Mentre aspetto nuovamente il mio premio di consolazione, mi affido alle parole di Jean-Claude Izzo, visto che io sono rimasta senza. Qui son quelle di un racconto inedito scritto per la rivista Regards, n. 19, dicembre 1996: “La cena di Natale di Fabio Montale, l’ex sbirro dei quartieri Nord di Marsiglia”.

«Passerà» dissi a Fonfon raddrizzandomi.
Lasciai vagare il mio sguardo sul mare. Verso l’orizzonte. Non avevo ancora trovato di meglio per dimenticare la schifezza del mondo.
Joëlle alzò gli occhi verso di me. Aveva occhi neri, splendidi. Avrei potuto essere un buon padre per lei? Oppure un bravo amante? Sarei riuscito a spiegarle la paura? Mossi la testa. Come per dire sì.
Sì, Joëlle. Più si va in fondo alle cose e più la differenza fra felicità e infelicità si attenua.
Sì, forse questo sarei riuscito a spiegarglielo.
Vuotai il bicchiere tutto d’un fiato e mi alzai. Avevo voglia di andare a perdermi dentro Marsiglia. Nei suoi odori. Negli occhi delle sue donne.
La mia città. Sapevo che lì avevo sempre appuntamento con la felicità effimera degli esuli. La sola che mi andava bene. Un vero premio di consolazione.

giovedì 28 agosto 2008

Brevi tregue

Un paio d’anni fa stavo tornando da Morgex verso casa, in auto. Pronunciai una delle mie frasi decontestualizzate e apparentemente prive di senso a M., sul sedile a fianco al mio: «I forti sono la mia costruzione architettonica preferita».
Non avevo mai visitato un forte in vita mia, ma era vero: amo i luoghi fortificati, abbarbicati in alto, in posizione strategica, dominanti eppure così semplici e lineari, senza tanti ornamenti di facciata. Costruiti per proteggere e sorvegliare.
Una piccola tregua agostana mi ha permesso di visitare il Forte di Gavi; ci sono arrivata a piedi, mi son goduta il panorama e ho pure ballato (quella sera suonava l’Orchestra di Piazza Vittorio). Ci sarei rimasta ancora un po’, ma poi il concerto è finito e son tornata a casa.
Il prossimo agosto è lontano, come l’idea che forse quest’anno si chiuderà meglio del precedente.

domenica 24 agosto 2008

Bisogni primari

È strano vedere come anche piccoli tumulti provochino veloci spostamenti dei propri riferimenti quotidiani.
La carestia e la dieta idrica, il terremoto e il dolore fisico, le dittature e l’accettazione imposta. Tutto ciò fa scivolare il mio pensiero dai profondi dubbi ontologici e deontologici a questioni impellenti che han già trovato risposta: «Non puoi mangiare».
E così sono venti giorni che penso quasi solamente al cibo, in tutte le sue forme e sapori. A masticare e assaporare montagne di tiramisù, pane e pizze, fritti misti e pastasciutte. Poca forza, come al solito.

martedì 12 agosto 2008

Bollettino medico

Non so se alla fine la colpa sia da imputare a un succo di mirtilli o a precedenti trascorsi più impegnativi, ma sono uscita oggi da un tour ospedaliero che mi ha sfiancata. Colite acuta.
E giovedì partirò, non partirò? Chi può dirlo?
Per ora mi rimetto a letto, fino al 28 di agosto. Mac compreso.
A rivederci.

mercoledì 6 agosto 2008

Preghiera estiva

«Ils n'ont pas compris-et je me dis parfois que je me suis mal fait comprendre».

Sarà così; così come disse Camus in giro per Vicenza. Se gli altri non capiscono è forse colpa nostra che non ci siamo fatti capire, anzi, che ci siamo fatti comprendere male.
La cosa vale anche quando sono io a non capire, certo. O no?
Non ne vengo a capo.
Soccorrimi e illuminami tu, Albert, signore della chiarezza.

martedì 29 luglio 2008

Leonard

Tra gli impossibili lavori alternativi che vorrei fare – subito dopo la copywriter di pubblicità della Lidl – domenica sera si è aggiunto anche la corista di Leonard Cohen al Summer Festival di Lucca. Certo, si tratterebbe del lavoro di una sola giornata, ma sicuramente sarebbe foriero di grandi soddisfazioni. Ad esempio, potrei indossare una camicetta bianca con le maniche corte a palloncino e un elegante gilet nero, e duettare con Cohen sulle note di I'm your man. Cose non da poco, insomma. In ogni caso, io c'ero e tanto basta. E avanza pure. Serata memorabile, voce indimenticabile.


venerdì 18 luglio 2008

Cardamomo

Ci ho provato: l'ho mangiato intero, ho tentato di succhiare i semi, ho mangiato i semi, ho sputato i semi. Prima del caffè, dopo il caffè. Niente.
Stamattina ho visto C., nella sua casa luminosa e con la faccia distrutta dall'incidente, che ha messo un semino nella caffettiera. Mi è piaciuto.
D'ora in poi lo farò anch'io così.
A ogni modo, grazie per quel sacchetto di semi di cardamomo che non conoscevo.

mercoledì 16 luglio 2008

Auto-coscienza

Il fatto di rendere pubblico qualcosa (la scrittura in primis, poi le immagini, la voce) ha a che fare con una sottile forma di autoritarismo inquietante, come tutte le prese di posizione indotte, che assume contorni grotteschi se il veicolo di pubblicazione è la rete.
I risultati sono vari: si passa dalla velocità di comunicazione al fraintendimento facile, dalla vicinanza coatta (la possibilità di essere sempre presente – on line – anche per gli altri) all’assenza fisica, dalla condivisione aperta alla legittimazione del giudizio. Chiamerei tutto ciò A.P., “Autosputtanamento Pubblico”.
È facile dire che non tutto quello che è messo in mostra merita la nostra visione: è come far finta di non leggere le scritte sui muri dei bagni (pubblici, appunto) quando siam seduti sulla tazza, o spergiurare di non aver dato un’occhiata ai voti degli altri compagni di classe nel giorno dell’esposizione dei quadri. I nuovi muri sono i desktop, i dashboard, gli album, le pagine, le bacheche virtuali, così poco vincolati da un comune senso del pudore (ma basterebbe solo dal buonsenso) da risultare quanto meno molesti.
Le attrattive sono sotto gli occhi di tutti, inutile elencarle. Il vero problema dell’A.P. sta in quell’“auto-”: liberi di scegliere, questo sì. Non c’è età che tenga.


martedì 15 luglio 2008

Piccole cure

Il bagnetto a K., prima della sua partenza per le vacanze estive (sua, sia ben inteso: io rimango a casa), si articola in tre fasi: insaponamento con original-Marsiglia, risciacquo e asciugatura al sole.




Il miscuglio di Marsiglia e pelo di cane bagnato è controproducente per chiunque si avvicini al cane per le successive 48 ore. Ma ogni promessa è debito: mi prenderò cura di te, dissi. Detto e mantenuto, come sempre!

martedì 8 luglio 2008

Passi falsi?

A "un, due, tre... stella" (ma potrei sbagliare) il passo del gambero era quello che ti faceva andare avanti di uno e indietro di due.
Ma non fai prima ad andare indietro di uno?
No, così c'è l'illusione di essere andati avanti un po'.
Aspettavo gesti buoni, occhi diversi che trovano belle le stesse cose che a me piacciono di me (occhiaie, piedi, il mio..., il), ho aspettato ancora perché son prudente. E poi il passo del gambero, uno avanti e due indietro, ma comunque sempre indietro di uno.

sabato 5 luglio 2008

Laurea

Per me, sprovvista quasi totalmente di memoria storica, l'idea di riuscire a fissare precise immagini a una data che ricordo è roba non da poco. Cinque anni fa (e ci penso ogni anno), a quest'ora, ero ubriaca e festante, sempre triste, ma festante. E tanto basta a rimettere insieme nella mia testa altre visioni che, altrimenti, avrei scordato. Mi pare già una vita fa.

giovedì 3 luglio 2008

Ingresso di casa (non la mia)




Non sarà un orribile gatto in ceramica a darti il benvenuto. Si sta bene: nel cortile di Palazzo Carignano, ieri sera, riesco a mettermi anche il maglioncino. In sottofondo cose che mi piacciono, Carver e Baker, Irene che è tornata da Parigi e altri pensieri per la testa, un nuovo nome, voglia di un viaggio, di bere bene. Che cosa stai aspettando? Il gatto, prima o poi, lo rompo.

domenica 29 giugno 2008

Tabula rasa

Un paio d'anni fa, dentro un'aula colorata in cui non mi sentivo più studente, ebbi una discussione con una donna ottusa (di aspetto e di lingua). Parlai per mezzora senza alcun risultato. Non capiva, i piani del dialogo erano troppo distanti.
Non ho mai pensato di esser stata poco chiara né, tantomeno, di non aver avuto ragione.
La conferma è arrivata pochi minuti fa, leggendo, invece d'ascoltare una voce esclusiva. Il risultato sarebbe stato meno pesante.

mercoledì 25 giugno 2008

Ieri

24.06, Torino - h. 22.30

Sì, più o meno così vanno le cose, e chi c'è c'è.
Ci sono io, le mie intuizioni folgoranti (la voce dello speaker sicuramente è quella di un attore di Centovetrine, la telenovela piemontese) e i desideri che i fuochi d'artificio mi scatenano in testa, come le ciglia che cadono: desidero la riservatezza, la guarigione. La complicanza, quella c'è già.

mercoledì 18 giugno 2008

Poesia per Tom

Oh Tom,
cantore di barboni, di stanchi senzatetto,
degli ubriachi della vita,
dei disillusi che speri non cadano in amore per te,
dell'erba verde, del giorno dopo domani,
dei circhi e del bourbon,
perché mi vuoi far pagare quel salasso di biglietto a 140 euri, che è una vita che aspetto di ascoltarti dal vivo e, oltre a non potermelo permettere, non trovo un cane disposto a venire con me, perché è davvero troppo caro?

sabato 14 giugno 2008

Dopo che

Dopo l'ennesima multa, 160 € e 5 punti in meno,
dopo il primo bagno dell'anno e un inizio di tempo bello,
dopo un aulin per il dolore a un dente,
dopo l'ultimo caffè della giornata,
mi ascolto ancora i Massimo Volume, spengo il mac e provo a ripartire.

giovedì 12 giugno 2008

Luiz

Per poco non finiva nelle mani sbagliate, invece è caduto nelle mie, come il tuffatore dallo scoglio di La Quebrada, ad Acapulco.
Luiz Schwarcz, Elogio della coincidenza (Feltrinelli 2008) è il primo libro "per adulti" di questo scrittore brasiliano che in passato ha scritto solo per bambini: sono undici racconti piacevoli, ironici e asciutti quanto basta per piacermi. Due, in particolare, ho trovato molto belli: "Settimo piano" e "Il lato sinistro del letto". Il primo racconta di una bambina che dal settimo piano di casa sua è alle prese con una strana propensione alla ricerca di coincidenze. La superstizione infantile si mescola a un innato senso di responsabilità che poi, chissà perché, svanisce (ma questo lo dico io).
Il secondo è una ben celata rilettura del mito più bello che ci sia (anche questo lo dico io), Orfeo e Euridice. Orfeo qui, però, non richiama la sua Euridice e non fa niente per trattenerla; preferisce rimanere lì, come ha sempre fatto da una vita.

 «Nel mio caso, non esiste redenzione per amore, o quella grandezza di sentimenti che precede la tragedia finale. Continuo a restare seduto sul lato sinistro del letto, con il lato destro tutto in ordine, senza alcun segno del passaggio di un'Euridice, da qui.»

lunedì 9 giugno 2008

Che cosa ci salverà?

Il contrario della bellezza è la volgarità, almeno a casa mia.
Col brutto ci puoi scherzar su, girare la faccia dall'altra parte e lamentarti perché le tue lenti da ipermetrope ti fan vedere troppo bene. La volgarità è più insinuante, alle volte seduttiva e mistificatoria.
Se ti vedo star male a tavola o ti sento alzare troppo la voce, mi volto e ti guardo purtroppo.
Alla fine, è vero, forse è la bellezza che mi porterà via di qui. O, perché no, le persone troppo volgari, che mi fan pensare al meglio che c'è intorno.

mercoledì 4 giugno 2008

Rebus

Scopro che Paolo Conte fa la Settimana Enigmistica come me, che la gelosia è una brutta sensazione di fastidio epidermico (come il prurito), che il sonno è l'altra metà della nostra vita e che la consapevolezza non sempre è un bene. E tutto questo solo nell'ultima settimana. 

Prevedo grandi passi in avanti nei prossimi giorni.

giovedì 22 maggio 2008

E' morto Regan?

E' vero che mia madre vive in un mondo di nuvole e confusione, ma un paio d'anni fa, quando sentì in televisione che Ronald Regan era morto, guardò me e mio padre stupita e ci disse: "E' morto Regan?". La domanda, a ripensarci, fa ancora ridere adesso. Regan morì nel 1989.

E' vero però che ci sono personaggi astorici che anche per me potrebbero essere in vita da sempre o già morti da anni. Due per tutti: Leonard Cohen e Bob Dylan.
Suoneranno rispettivamente, a breve, a Lucca e Chatillon. L'intenzione di andarli a sentire sarà motivo di una definitiva presa di coscienza della loro esistenza.

martedì 20 maggio 2008

Fili rossi

Son due settimane che ricorre lo stesso vino, un traminer, nei miei bicchieri e nei miei discorsi. Con facce e stati d'animo differenti davanti a me. 
C'è un bicchiere fresco e fruttato che sorseggio calma, pensando che vorrei essere in riva al mare in quel momento; c'è quello caldo e secco, che mi fa male alla testa e mi fa ritornare a quel che volevo solo pochi mesi fa e che resiste. C'è quello accennato e immaginato, che non ho mai bevuto.

martedì 13 maggio 2008

Breve cronaca senza importanza dei miei quasi cinque giorni di Fiera del libro

Quasi cinque perché in realtà sono stati quattro, visto che la Fiera ieri è finita e ieri me ne son rimasta a casa.
Non mi è restato granché in testa, a parte la lunga camminata sotto il sole delle 17.00 di sabato per raggiungere un autobus in corso Unità d'Italia, un certo dolore ai piedi, un pass espositori e sei libri nuovi di zecca.

mercoledì 7 maggio 2008

Place to be

Nella mia cameretta milanese usavo come abat-jour un mappamondo luminoso. Allepoca avevo cinque anni e conoscevo la grafia solo di tre parole; sapevo, però, che da grande sarei andata a vivere in Ciad. 
Ciad” era così simile a ciao (una delle tre parole di mia conoscenza), e lidea che esistesse un luogo di cui potevo leggere il nome mi rassicurava. 
Oggi come oggi sono certa che in Ciad non andrò mai ma, allo stesso modo, il nome del posto dove starò vorrei leggerlo a chiare lettere. 

martedì 29 aprile 2008

Life

Da piccola ero un'appassionata di giochi in scatola. Ogni occasione in odor di regalo diventava la data giusta per riceverne uno. Ne ho di tutti i tipi: dai classici (Monopoli e Risiko) ai più sofisticati (possiedo persino un Innamoramento e Amore, liberamente tratto dal libro di Alberoni). Ma il mio preferito era, e rimane, Life-Traguardi della MB.
Life è un percorso virtuale (cartonato semplice) di un'ipotetica vita, in cui il giocatore parte da solo – su un'automobile, però, non a piedi – e a poco a poco raggiunge i suoi traguardi che si palesano come: titolo di studio, scelta del lavoro, matrimonio, figli e alla fine la CASA, che sarà la piccola abitazione in campagna o il mega villone appena fuori città.
Il bello del gioco è che c'è sempre la doppia scelta: una specie di sliding doors tridimensionale; ti assumi tu rischi e pericoli della strada presa, con l'unica incognita della "ruota della fortuna".
Tu giri, ma alla fine è lei che sceglie per te.
Tutto come nella vita vera: uno sfondo di cartone, un'automobile, tu e la tua ruota della fortuna (gli altri).

sabato 26 aprile 2008

L'uomo della televisione

Pensate a trovarvi un buon marito e un buon padre per i vostri figli. Ora come ora desidero molto meno, che però è sempre troppo. Voglio l’uomo della televisione, punto e basta. 
È lui il mio principe azzurro, che arriva alla sera a casa per farmi compagnia sul divano e al mattino riparte, ma poi ritorna. Non sono mica garanzie da poco, tutto il resto non conta poi così tanto.

giovedì 24 aprile 2008

Smog

Left only with love

I'm left only with love for you
You did what was right to do
And I hope you find your husband
And a father to your children

'Cause I'm left only with love for you
You did what was right to do
And I hope you find your husband
And a father to you children

When I lost you
I lost my family
You did what was right to do
And I hope you find your husband
And a father to your children

'Cause I'm left only with love for you
You did what was right to do
An I hope you find your husband
And a father to your children

lunedì 14 aprile 2008

The dreamer

Wim Wenders ha dichiarato di ascoltare almeno mezzora al giorno di Fabrizio De André e di possedere un i-Pod solo per tutta la sua discografia. Non so, però, se al buon caro Wim sia mai capitato di sognare quello che ho sognato io la scorsa notte.
Alcuni uomini si sono intrufolati nel mio bilocale torinese con l'intento di rubare una musicassetta contenente l'ultimo brano inedito di De André, intitolato Il dragone rosso, non so per quale motivo in mio possesso. Gli uomini hanno trovato la musicassetta e l'hanno messa in un mangianastri. La cosa bella è che la canzone è davvero partita nel sogno, parole e musica, tutto quanto. Purtroppo al risveglio ho ricordato solo il titolo. Titolo che, a occhio e croce, De André mai avrebbe dato a una sua canzone.

domenica 13 aprile 2008

Fiducia

Il motivo per cui sabato mattina ho preso l'auto e mi sono messa in autostrada è perché ho ancora la residenza a Ovada, e lì mi tocca andare a votare. Altrimenti sarei volentieri rimasta a casa a dormire tutto il fine settimana. Pioveva; al curvone di immissione in autostrada ho perso il controllo della ka, che ha iniziato a roteare su se stessa. Il tir che avevo dietro di me, non so come, ha sterzato e non mi è venuto addosso. Io sono finita a cinque centimetri dal guard rail, in direzione opposta al senso di marcia. Ho perso totalmente il senso dell'orientamento, mi veniva da piangere. Sarebbe stato assurdo se mi fossi fatta anche solo un graffio, visto lo scopo del mio viaggio. Così ho promesso: deludetemi ancora una volta e non mi avrete più. Astensionista a vita.

mercoledì 9 aprile 2008

Opportunità

Leggo il post di G. (qui) che impara a tuffarsi, a entrare nell'acqua come dio comanda. Il mio primo tuffo fu a sei anni (più o meno), con Marcello che mi seguiva con lo sguardo e mi dava le dritte giuste. E io ferma impalata, per ore, che avevo paura dell'impatto. M. si stancò e mi disse se hai voglia buttati, non so più che cosa dirti, affari tuoi. Girò la testa e io mi tuffai.
Le opportunità sono così: arrivano, non le riconosci subito. C'è chi ci rinuncia in anticipo, chi le coglie nel momento sbagliato (quando l'altro gira la testa) e chi si butta e basta, e prende tutto il bello che ne viene. Come dopo un tuffo.

martedì 8 aprile 2008

senza titolo

Abbracciati stretti, il ragazzo e la ragazza si mossero giù per il vialetto. Ballavano. E quando finì il disco, ne misero su un altro, e quando finì anche quello il ragazzo disse: “Sono ubriaco”.
La ragazza gli disse: “Ma va’ là che non è vero”.
“E invece sono ubriaco”, disse il ragazzo.
L’uomo mise su l’altra facciata del disco e il ragazzo disse: “È vero”.
“Balla con me”, la ragazza disse al ragazzo e poi all’uomo, e quando l’uomo si alzò, lei gli si avvicinò a braccia spalancate.

“C’è della gente laggiù che ci guarda”, disse lei.
“È tutto a posto”, rispose l’uomo. “Questa è casa mia”, disse.
“Che guardino pure”, disse la ragazza.
“Proprio così”, disse l’uomo. “Credevano di averne viste di tutti i colori, qui. Ma una cosa del genere non l’avevano ancora vista, eh?”, disse.
Sentiva il fiato della ragazza sul collo.
“Spero che il letto le piaccia”, disse.
La ragazza chiuse e riaprì gli occhi. Spinse il viso contro la spalla dell’uomo. Lo strinse ancora di più a sé.
“Lei dev’essere disperato o qualcosa del genere”, disse.

[…] Non smetteva di parlarne. Lo raccontava a tutti. C’era qualcos’altro da dire e lei tentava di tirarlo fuori. Ma dopo un po’ smise di provarci.

R. Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore, minimum fax, Roma 2001.


lunedì 7 aprile 2008

Cosa ti aspetti?

Le aspettative sono strani miscugli di attesa e illusione, di fiducia ben riposta e fantasia. A esser forti le vinci facilmente, le soffi via e ci sputi sopra. Ti prendi solo quello che c'è, senza intrusi e ripensamenti.
A esser forti, appunto...

venerdì 28 marzo 2008

La televisione per me

Preciso che non faccio parte di quella larga schiera di persone che dicono di non guardare la televisione: possiedo un LCD di grandezza proporzionata alle dimensioni di casa mia e guardo la tele quando ne ho voglia. Se ho del tempo libero, non è vero che mi butto subito su un bel libro e non ho mai affermato che «piuttosto di accenderla o di guardare quel programma lì, mi leggo il quotidiano». Cose che faccio (tutte), ma non in alternativa.
Non può che rendermi felice, quindi, la ripresa di Forum all’ora di pranzo, su Canale 5. Ottimo programma di accompagnamento dei miei scialbi pasti casalinghi.

mercoledì 26 marzo 2008

Corporativismi

Tra i mille e più comportamenti umani che mi irritano, a vincere il premio dell'indisposizione è quella tendenza così indulgente e poco ironica, tipica di alcune donne, a fare gruppo, all'ammiccamento e all'intesa su questioni per l'appunto "femminili" (vedi l'istinto materno, il parto, la depilazione, il ciclo mestruale eccetera eccetera). Quando, qualche sera fa, è venuto fuori il discorso su quello strano aggeggio (il Mooncup) che dovrebbe facilitare la vita delle signore fecondabili, per fortuna non ero in un circolo femminile, ma in un bar a bere birra.
Adesso non so se è quello che si beve o i posti che si frequentano a cambiare le condizioni di una conversazione, sta di fatto che se un orribile oggettino di gomma si propone di migliorare qualche mia giornata al mese, voglio almeno che sia altamente inquinante.

mercoledì 12 marzo 2008

Microcosme recherche

Se il tempo mi sfugge, alla ricerca di nuovi stampi, lo spazio ce l’ho tutto qui, in questi 3 m2 di bianco tavolo ragusano, di rosso poggiaculo a rotelle e di candida scatola magica. Ho buona musica, amici, lettere, telefonate, avvincenti letture e calendari. Tutto quello che mi serve, ma non mi basta.
Voglio una Marlboro rossa di M., una birra ghiacciata con D., voglio S. che mi prepara la cena e poi vorrei te qui con me, guarito e pulito, nei miei tre metri quadrati.

lunedì 3 marzo 2008

Giovanni

Quanto mi piacerebbe poter scandire il tempo sulla base di un mio metro personale, rimandando non ai secondi, alle ore o agli anni, ma a punti di riferimento più concreti e meno evanescenti. Come l'uscita di un nuovo modello di auto. Se il mio sistema temporale fosse scandito da ogni nuova BMW che esce, per esempio, forse sarei una persona differente, di certo più ricca.
Tutto ciò per dire che Allevi iniziò a piacermi sentendo la musica di uno spot della BMW girato da Spike Lee (Come sei veramente). E che al mio concerto in solitaria, venerdì, ho applaudito quel pezzo più degli altri.

martedì 26 febbraio 2008

Seconda poesia del mese di febbraio

Ricevo oggi, sulla casella di posta della redazione, una mail con questo oggetto: "la seconda poesia del mese di febbraio". E una poesia di Raboni... ma che strano. Condivido.
Imitazione

Hanno gli squamosi, guizzanti pesci, giù
nelle loro dimore senza fuoco
notizia del calar della notte? Forse no.
Ma chi in terra cammina
e tutti coloro cui le penne
danno la piena libertà del cielo
mutano modi all’imbrunire,
dando retta ciascuno ad una sua
curiosità di specie. Più comune è che il moto
s’attenui, e gli altri sensi, ma non mancano
stravaganti eccezioni: così il gatto
e il gufo, non appena
cede il giorno alle tenebre, più grandi
fanno i loro pensieri, e per dar vita
o toglierla
si mettono in cammino.


Giovanni Raboni

giovedì 21 febbraio 2008

Carlotta

S., lucida e ferma; G. piange, invece, e non riesce a parlare al telefono. Io, il solito miscuglio di loro due; i lati deboli di entrambi. Come il naso e il colore degli occhi del genitore sbagliato, al contrario. Ma va bene così oggi.

domenica 17 febbraio 2008

Applausi

Le azioni e i gesti spontanei, soprattutto quando sono corali, dovrebbero sempre avere una durata limitata, altrimenti subentra quel minimo di ragionamento rispetto all'atto compiuto che lo fa apparire buffo e insensato.
Venerdì applaudo un mirabile Dave Liebman che suona sulle immagini di The Whispering Chorus, film muto del 1918 di C.B. DeMille. Ieri applaudo gli attori di Noccioline, opera di Fausto Paravidino, e puntualmente mi viene da ridere.
Sarà l'approvazione uniforme, la banalità del movimento, il consenso che si fa sonoro... non so perché, ma gli applausi mi fanno ridere.

martedì 12 febbraio 2008

Woody

Parecchio tempo fa sul Corriere della Sera, Giovanni Raboni scrisse un articolo per me memorabile sulla sua non-così-folgorante passione per Woody Allen e, in generale, sulla difficoltà che si prova ad ammettere una mancata condivisione di giudizi praticamente inattaccabili (Woody Allen è un genio).
Dopo aver letto il pezzo di Raboni, anch'io a cuor leggero mi sono sentita di dire che, in fondo, a me W.A. non ha mai fatto impazzire, non ha mai fatto così tanto ridere e non è uno dei miei registi preferiti.
Dopo la visione di Sogni e delitti (altra pessima traduzione di un titolo che poteva rimanere tale, Cassandra's dream), però, non so più se rimanere di questo avviso. Se Match Point aveva stravolto per qualche giorno la mia immacolata coscienza, Sogni e delitti forse fa qualcosa di più. L'impianto articolato come una tragedia greca, il finale shakespeareano, la vittoria assoluta dello zio Howard: tutto ruota intorno a una concezione della morte come salvifica in un senso talmente poco cristiano, che di più Allen proprio non avrebbe potuto rendere.
La morte, infatti, non salva te stesso, ma gli altri. E lo fa non tanto portandoti via da una realtà maledetta, ma semplicemente annullando la tua presenza in terra.
Solo se non ci sei io posso vincere e starmene finalmente in pace.

domenica 3 febbraio 2008

Déjà vu

Leggo il giornale e scopro oggi che cosa mi ha destabilizzato della visione di Cous Cous di Abdel Kechiche: non sono state le due ore e mezza di film, come pensavo all'uscita dal cinema, bensì quella ambientazione a me così familiare eppure lontanissima. La vicenda si svolge infatti a Sète che, oltre ad essere un'anonima cittadina portuale, dall'aria un po' rude, della Linguadoca francese, è anche il posto che accoglieva le mie inutili passeggiate invernali del 2001. Già visto, già dato.

giovedì 24 gennaio 2008

Romanticherie

Qualche mese fa (ma potrebbe essere anche un anno fa), su una rivista femminile (non ricordo quale) c'era una specie di sondaggio sulle nuove serenate: in pratica quale sarebbe la canzone che le donne di oggi vorrebbero fosse loro dedicata. Anche sul risultato ho ricordi piuttosto vaghi; mi sembra che avesse vinto I will always love you di Whitney Houston e ricordo pure che tra i titoli impensabili (I will always love you???) compariva un'unica, degna di nota, One degli U2.
Inutile dire che, pensa che ti ripensa, alla fine anch'io sono arrivata alla mia serenata e, romanticamente, dico Gelato al limon di Paolo Conte. Le prime due strofe mi farebbero capitolare come una cretina.

P.S. Considerando la poca attendibilità dei dati forniti, siete tenuti a considerare questo post tendenzialmente falso.


domenica 20 gennaio 2008

Il giorno del sole

In realtà qui c'è una nebbia fitta e nulla per cui essere contenti...

mercoledì 16 gennaio 2008

Pag. 8

Sono solo a pagina otto di una giornata di gambe incrociate e un possibile inizio di mal di schiena, che già Philip fa il suo dovere con la sua scrittura così asciutta eppure evocativa. E' come trovarsi di fronte a una di quelle persone schive e diffidenti che aprono bocca solo per stupirti, nel bene e nel male.
Vivere da solo mi permetteva anche di esprimere i sentimenti che provavo veramente, senza dovermi nascondere sotto una maschera virile o matura o filosofica. Da solo, quando avevo voglia di piangere piangevo, e mai ne ebbi più voglia di quando tirai fuori dalla busta la serie di immagini del suo cervello [...] solo perché era il suo cervello, il cervello di mio padre, che lo spingeva a pensare nel modo brusco in cui pensava, a parlare nel modo enfatico in cui parlava, a ragionare nel modo emotivo in cui ragionava, a decidere nel modo impulsivo in cui decideva. Questi erano i tessuti che avevano prodotto la sua serie interminabile di preoccupazioni e sostenuto per oltre otto decenni la sua testarda autodisciplina, erano l'origine di tutto ciò che, quand'ero il suo figlio adolescente, mi aveva tanto frustrato, la cosa che aveva determinato il nostro destino quando lui era onnipotente e decideva per noi.

P. Roth, Patrimonio. Una storia vera, Einaudi, Torino 2007.


lunedì 14 gennaio 2008

La quadratura del cerchio


L'impazienza che mi contraddistingue (soprattutto nei tempi brevi: l'attesa del doppio flash delle macchine digitali, l'asciugatura dello smalto sulle unghie, l'ebollizione dell'acqua per la pasta), mescolata a una pigrizia ingestibile, forma un connubio a volte dannoso: io lo chiamo "tendenza alle forzature". In pratica, cerco a tutti i costi di far andar bene cose che, secondo le leggi della fisica (o del buon senso), mai potrebbero funzionare. Sarà che in fondo sono pure idealista, o forse ieri sera avevo solo bevuto troppo, ma prima o poi troverò il modo per far stare una abat-jour, dal filo corto, sul mio comodino, troppo lontano dalla presa della luce, senza che si rompa in mille pezzi, ogni volta.

lunedì 7 gennaio 2008

30 febbraio

Per ricominciare al meglio, compio tutta una serie di azioni (alcune necessarie, altre solamente celebrative del nuovo anno) che mi fan stare meglio. Nell'ordine: vado al cinema a vedere un film leggero, girato bene e divertente (Lars and the real girl), pulisco casa, indosso un bellissimo abito che mi sta bene, tolgo le lucine di Natale (in realtà questo un poco mi dispiace), riprendo in mano la mia super connessione Internet velocissima, compro il Moleskine grande, mi faccio da mangiare e acquisto il biglietto per il concerto di Allevi (ci andrò da sola e ai miei amici, che mi chiedono quando sarà, riesco a rispondere il 30 febbraio).

venerdì 4 gennaio 2008

Fini teorie

La mia fine teoria sul fatto che i milanesi siano i meridionali del Nord (già discussa con Ale, siciliana e vera nordica del Sud) trova conferma ogni anno nel periodo natalizio quando, per una logica da palinsesto televisivo che non capisco, vengono riproposti i film di Renato Pozzetto. Nel giro di tre giorni riesco a vedere ben quattro suoi film, tra la7 e Sky, che conosco praticamente a memoria, ma che mi fan ridere ogni volta. Pozzetto incarna la milanesità bella e buona, generosa e dai toni sempre un po' troppo alti. Quella che mi piace, quella di prima che arrivasse l'Amaro Ramazzotti a rovinare tutto.

giovedì 3 gennaio 2008

Abbaino

Tutta questa neve fa della mia camera ovadese una stanza buia. Ho dormito troppo stamattina perché sembrava ancora notte, e il pomeriggio di lavoro ininterrotto mi è parso una serata a Torino, davanti alla mela luminosa, a rivedere e correggere parole di altri.
Oggi son quelle di Paulo Freire, che racconta cosa significhi vivere da esiliati in una maniera che mi commuove (va beh che oggi mi commuovo facile). Gli mancava l'ossigeno brasiliano: a La Paz l'altitudine è violenta, la nostalgia pure quando si è lontani da ciò che si ama.
«Il mio corpo si muoveva di nuovo come prima, facilmente, in fretta, senza sentire stanchezza. A La Paz, portare un pacco, anche piccolo, esigeva uno sforzo straordinario da me. A 43 anni mi sentivo vecchio e spossato. Ad Arica, e il giorno dopo a Santiago, recuperai le forze e tutto avvenne all’improvviso, come per magia. Viva l’ossigeno!
Arrivai in Cile sentendomi pienamente me stesso. Passione, nostalgia, tristezza, speranza, desiderio, sogni infranti ma non sfatti, offese, conoscenze accumulate, negli innumerevoli intrecci vissuti, amore per la vita, timori, paure, dubbi, voglia di vivere e d’amare. Soprattutto, speranza».
Paulo Freire


martedì 1 gennaio 2008

My city

Il mio senso estetico (inteso come la capacità di conoscere cose e persone solo attraverso la percezione, i sensi) è in bilico. Ovvero, non so più se è il caso di considerarlo il miglior metro a mia disposizione. Le città, per esempio: tendono a piacermi quelle brulle, grigie, quelle che non visita nessuno appositamente perché son belle, ci si va per altri motivi. Le preferisco perché quando scovo la bellezza dietro una facciata desolata è una gran consolazione che, per di più, non sono costretta a condividere con altri.
Spesso, invece, brutte città sono davvero solo brutte città, e bisogna destreggiarsi a usarle per quello che ti possono offrire nel momento in cui le abiti.