Sull'inutilità della foto di Toscani
“Urgenza” mi fa pensare subito a una scena di un episodio di E.R., concitata, con il medico e gli infermieri che corrono per riversare in un tempo molto breve parte delle loro conoscenze su un uomo che sta rischiando la vita, per salvargliela.
E a una conversazione di qualche anno fa con A.P., un mio ex docente. Stavamo parlando di Martin Buber e di come, nolenti, il significato di responsabilità non sia poi così cambiato nel tempo. Tirò fuori la parola “urgenza” raccontandomi di un suo viaggio a Grosseto. Stava raggiungendo il Duomo: ci si arriva tramite una stradina stretta e buia (sembra senza uscita, anch'io ci sono stata e mai ti aspetteresti che di lì a poco ti si apra davanti una piazza e una chiesa gotica). Quando lo vedi provi per un attimo quella sensazione di meraviglia che si sente davanti alle cose che non hai mai visto prima o che ti piombano addosso inaspettate (la Chiara al cinema per il suo primo film o il mio primo tasso davanti a casa l'anno scorso). Te la godi quella sensazione, non puoi fare altro. Non c'è altro da fare.
Eppure A.P. si ricorda di come alcune persone, invece di godere responsabilmente, presero la loro macchina fotografica e scattarono foto. Guardare prima di osservare. Guardare e basta.