domenica 29 marzo 2009

Chiedimelo ora

A proposito di concerti, ieri sera, nella splendida cornice della movida alto-monferrina (just ironic), decido di andare ad ascoltare due nobili musicisti, Antonio Marangolo al sax e Umberto Petrin al piano, per l’ultimo degli appuntamenti di OvadaJazz09. L’arte del duo.
Il concerto dura un’ora circa ed è assemblato totalmente sull’arte della creazione estemporanea: i due non hanno mai suonato insieme e neppure hanno fatto le prove prima. La musica incombe, invade la sala (siamo nella da poco ristrutturata Loggia di S. Sebastiano) e, come dice Marangolo prima del bis finale – Ask me now di Thelonious Monk –, la fatica dell’improvvisazione si percepisce piacevolmente con occhi e orecchie.
Tutto molto bello, non fosse che…
Non fosse che tutto ciò che non amo di Ovada rigurgita da ogni cavità: il pubblico mesto, ritardatario e attempato, il silenzio del dopo, le strade vuote (poi ieri pioveva, pure), l’evento trasformato in spettacolo di paese, l’anonimia culturale.
Dopo venticinque anni non ho ancora capito se sono le persone a modellare i luoghi che abitano, o se è la geografia di questo spazio, inesorabilmente incuneato, a foggiare la gente che ci vive.
Un plauso dovuto va all’associazione “Due sotto l’ombrello”, che chi si dà da fare e ci crede ancora un po’.

martedì 24 marzo 2009

Little fucker

Non posso non scrivere almeno una breve annotazione sullo spettacolo cui ho assistito venerdì scorso.
Sono allo Spazio 211 con tre amici spaiati, gli unici che per motivi differenti decidono di venire con me stasera a sentire Vic Chesnutt, accompagnato dagli Elf Power.
Siamo in pochi: la mia ansia di anticipare il tempo ci fa arrivare lì molto presto, ma va bene così.
Mentre bevo una birra c'è già lui nel locale.
E' un uomo piccolo, accartocciato, sembra sprovvisto di alcun tipo di difesa su quella carrozzina, e quando gli Elf Power iniziano a suonare, nella prima parte del concerto, lui è accanto a me, di lato. Ascolto e mi volto a guardarlo ripetutamente.
Quando arriva il suo momento di salire sul palco mi accorgo di quanto la potenza della sua voce e della sua musica sia commovente e tenera.
Per magia lui diventa quel piccione della copertina di North Star Deserter: un volo basso, breve, ma pur sempre staccato da terra.

domenica 22 marzo 2009

Acqui Terme-Ovada

Voler stare dove non si è, fare quello che non si fa e aspettare chi non c'è.
Ieri, intorno all'una di notte, scollino allegramente da Acqui Terme a Ovada. Fa un freddo improbabile, che già avevo accantonato con il cambio primaverile di armadio, ma sulla Ka mobile c'è tutto quello che mi serve per desiderare che quel tragitto duri più del dovuto: riscaldamento e "Stereonotte" su Rai Radio 1.
Si parte da due pezzi dal vivo di Rino Gaetano che canto senza vergogna, poi la presentazione del cd live del tour di Cohen 2008: via con la commozione per una struggente "Suzanne" (sono già a Cremolino).
Dovrebbe seguire "So long Marianne", come da annuncio, ma parte invece "Hallelujah" che mi riporta a quest'estate, quando sui cori si accendevano le luci del palco.
A Molare si passa a un'interessante conversazione su John Lennon post Beatles e a come la canzone "Julia", dedicata alla madre, sia anche un omaggio alla sua compagna: in una strofa, infatti, Lennon pronuncia le parole "ocean child", traduzione appunto del nome "Yoko Ono".
Il viaggio finisce davanti alla casa di Hilde, ma posso ritenermi soddisfatta.

martedì 17 marzo 2009

Bonjour tristesse

Qualche settimana fa mi è capitato di leggere un articolo di Vittorino Andreoli sul Corriere della Sera (riportato qui da un altro blogger). Con questo, in tutto fanno due articoli di Vittorino Andreoli letti nella mia vita.
Il primo riguardava la funzione terapeutica delle parolacce nel parlato: ricordo la disquisizione attenta sull’uso delle arrotate, delle doppie, delle consonanti dure, di quanto tutto ciò possa risultare quasi medicamentoso nel contesto di un certo tipo di comunicazione.
Le parole sono importanti, e che cavolo.
Le parole sono importanti, ecchecazzo. Molto meglio.

Il secondo articolo parlava ancora di parole: secondo VA ci sono termini che vengono letteralmente “uccisi” dal momento in cui sono stati deposti a vantaggio di altri. Niente di nuovo, per carità; il vocabolario si evolve e le parole smettono di essere usate. Il problema sorge quando la parola scomparsa trascina con sé anche la morte del significato che contiene.
Non si adotta più il vocabolo “tristezza”: le persone avvinte da una sintomatologia prossima allo sconforto e alla malinconia vengono etichettate come depresse. "Depressione" è un termine contenitore che raccoglie ormai tutti i malesseri del mondo. E se la tristezza ha smesso di essere, anche gli uomini tristi non ci sono più.
Che grande perdita, però. Vittorino ha proprio ragione.


venerdì 13 marzo 2009

Mia sorella è una foca monaca

Leggo Mia sorella è una foca monaca di Christian Frascella, per Fazi, e rimango colpita da questo esordio narrativo.
La lettura è quella pomeridiana da divano Chateau d’Ax, con tanto di lascito delle ultime trenta pagine per la sera.
Penso: il mondo non ha bisogno di eroi, per sua grazia, e nemmeno dei cellulari. E questo l’autore lo mette bene in chiaro.
All’inizio della lettura, infatti, non capivo la smilza contestualizzazione temporale al 1989: un breve accenno alla caduta del Muro e poi basta. Se il protagonista parla come mio cugino che ha 16 anni nel 2009, perché ambientare la narrazione vent’anni prima? In fondo, il reparto gastronomia al supermercato c’è ancora oggi, così come chi si mette la foto di Mussolini sul desktop del computer.
Forse la ragione è che i cellulari non esistevano ancora?
Se lui, la Foca, il Capo, Chiara e tutti gli altri avessero avuto un telefonino in tasca o in borsa, il romanzo sarebbe stato senza dubbio più scialbo. Questo è un dato di fatto.
Per un diciassettenne con la testa di un diciassettenne e presunti poteri di fascinazione sul mondo, il vero eroismo è cercare il numero di telefono di Chiara, chiamare in piena notte e sperare che non siano i genitori a rispondere. Con un sms sarebbe stato tutto più facile, ma anche meno divertente, pungente e amaro.
Così ho trovato questo libro: divertente pungente amaro.
Poi ci sarebbe tanto altro da dire (sistema dei personaggi, dialoghi e stile), ma i miei post son brevi per partito preso. Complimenti all’autore, in ogni caso.