martedì 26 febbraio 2008

Seconda poesia del mese di febbraio

Ricevo oggi, sulla casella di posta della redazione, una mail con questo oggetto: "la seconda poesia del mese di febbraio". E una poesia di Raboni... ma che strano. Condivido.
Imitazione

Hanno gli squamosi, guizzanti pesci, giù
nelle loro dimore senza fuoco
notizia del calar della notte? Forse no.
Ma chi in terra cammina
e tutti coloro cui le penne
danno la piena libertà del cielo
mutano modi all’imbrunire,
dando retta ciascuno ad una sua
curiosità di specie. Più comune è che il moto
s’attenui, e gli altri sensi, ma non mancano
stravaganti eccezioni: così il gatto
e il gufo, non appena
cede il giorno alle tenebre, più grandi
fanno i loro pensieri, e per dar vita
o toglierla
si mettono in cammino.


Giovanni Raboni

giovedì 21 febbraio 2008

Carlotta

S., lucida e ferma; G. piange, invece, e non riesce a parlare al telefono. Io, il solito miscuglio di loro due; i lati deboli di entrambi. Come il naso e il colore degli occhi del genitore sbagliato, al contrario. Ma va bene così oggi.

domenica 17 febbraio 2008

Applausi

Le azioni e i gesti spontanei, soprattutto quando sono corali, dovrebbero sempre avere una durata limitata, altrimenti subentra quel minimo di ragionamento rispetto all'atto compiuto che lo fa apparire buffo e insensato.
Venerdì applaudo un mirabile Dave Liebman che suona sulle immagini di The Whispering Chorus, film muto del 1918 di C.B. DeMille. Ieri applaudo gli attori di Noccioline, opera di Fausto Paravidino, e puntualmente mi viene da ridere.
Sarà l'approvazione uniforme, la banalità del movimento, il consenso che si fa sonoro... non so perché, ma gli applausi mi fanno ridere.

martedì 12 febbraio 2008

Woody

Parecchio tempo fa sul Corriere della Sera, Giovanni Raboni scrisse un articolo per me memorabile sulla sua non-così-folgorante passione per Woody Allen e, in generale, sulla difficoltà che si prova ad ammettere una mancata condivisione di giudizi praticamente inattaccabili (Woody Allen è un genio).
Dopo aver letto il pezzo di Raboni, anch'io a cuor leggero mi sono sentita di dire che, in fondo, a me W.A. non ha mai fatto impazzire, non ha mai fatto così tanto ridere e non è uno dei miei registi preferiti.
Dopo la visione di Sogni e delitti (altra pessima traduzione di un titolo che poteva rimanere tale, Cassandra's dream), però, non so più se rimanere di questo avviso. Se Match Point aveva stravolto per qualche giorno la mia immacolata coscienza, Sogni e delitti forse fa qualcosa di più. L'impianto articolato come una tragedia greca, il finale shakespeareano, la vittoria assoluta dello zio Howard: tutto ruota intorno a una concezione della morte come salvifica in un senso talmente poco cristiano, che di più Allen proprio non avrebbe potuto rendere.
La morte, infatti, non salva te stesso, ma gli altri. E lo fa non tanto portandoti via da una realtà maledetta, ma semplicemente annullando la tua presenza in terra.
Solo se non ci sei io posso vincere e starmene finalmente in pace.

domenica 3 febbraio 2008

Déjà vu

Leggo il giornale e scopro oggi che cosa mi ha destabilizzato della visione di Cous Cous di Abdel Kechiche: non sono state le due ore e mezza di film, come pensavo all'uscita dal cinema, bensì quella ambientazione a me così familiare eppure lontanissima. La vicenda si svolge infatti a Sète che, oltre ad essere un'anonima cittadina portuale, dall'aria un po' rude, della Linguadoca francese, è anche il posto che accoglieva le mie inutili passeggiate invernali del 2001. Già visto, già dato.