giovedì 24 gennaio 2008

Romanticherie

Qualche mese fa (ma potrebbe essere anche un anno fa), su una rivista femminile (non ricordo quale) c'era una specie di sondaggio sulle nuove serenate: in pratica quale sarebbe la canzone che le donne di oggi vorrebbero fosse loro dedicata. Anche sul risultato ho ricordi piuttosto vaghi; mi sembra che avesse vinto I will always love you di Whitney Houston e ricordo pure che tra i titoli impensabili (I will always love you???) compariva un'unica, degna di nota, One degli U2.
Inutile dire che, pensa che ti ripensa, alla fine anch'io sono arrivata alla mia serenata e, romanticamente, dico Gelato al limon di Paolo Conte. Le prime due strofe mi farebbero capitolare come una cretina.

P.S. Considerando la poca attendibilità dei dati forniti, siete tenuti a considerare questo post tendenzialmente falso.


domenica 20 gennaio 2008

Il giorno del sole

In realtà qui c'è una nebbia fitta e nulla per cui essere contenti...

mercoledì 16 gennaio 2008

Pag. 8

Sono solo a pagina otto di una giornata di gambe incrociate e un possibile inizio di mal di schiena, che già Philip fa il suo dovere con la sua scrittura così asciutta eppure evocativa. E' come trovarsi di fronte a una di quelle persone schive e diffidenti che aprono bocca solo per stupirti, nel bene e nel male.
Vivere da solo mi permetteva anche di esprimere i sentimenti che provavo veramente, senza dovermi nascondere sotto una maschera virile o matura o filosofica. Da solo, quando avevo voglia di piangere piangevo, e mai ne ebbi più voglia di quando tirai fuori dalla busta la serie di immagini del suo cervello [...] solo perché era il suo cervello, il cervello di mio padre, che lo spingeva a pensare nel modo brusco in cui pensava, a parlare nel modo enfatico in cui parlava, a ragionare nel modo emotivo in cui ragionava, a decidere nel modo impulsivo in cui decideva. Questi erano i tessuti che avevano prodotto la sua serie interminabile di preoccupazioni e sostenuto per oltre otto decenni la sua testarda autodisciplina, erano l'origine di tutto ciò che, quand'ero il suo figlio adolescente, mi aveva tanto frustrato, la cosa che aveva determinato il nostro destino quando lui era onnipotente e decideva per noi.

P. Roth, Patrimonio. Una storia vera, Einaudi, Torino 2007.


lunedì 14 gennaio 2008

La quadratura del cerchio


L'impazienza che mi contraddistingue (soprattutto nei tempi brevi: l'attesa del doppio flash delle macchine digitali, l'asciugatura dello smalto sulle unghie, l'ebollizione dell'acqua per la pasta), mescolata a una pigrizia ingestibile, forma un connubio a volte dannoso: io lo chiamo "tendenza alle forzature". In pratica, cerco a tutti i costi di far andar bene cose che, secondo le leggi della fisica (o del buon senso), mai potrebbero funzionare. Sarà che in fondo sono pure idealista, o forse ieri sera avevo solo bevuto troppo, ma prima o poi troverò il modo per far stare una abat-jour, dal filo corto, sul mio comodino, troppo lontano dalla presa della luce, senza che si rompa in mille pezzi, ogni volta.

lunedì 7 gennaio 2008

30 febbraio

Per ricominciare al meglio, compio tutta una serie di azioni (alcune necessarie, altre solamente celebrative del nuovo anno) che mi fan stare meglio. Nell'ordine: vado al cinema a vedere un film leggero, girato bene e divertente (Lars and the real girl), pulisco casa, indosso un bellissimo abito che mi sta bene, tolgo le lucine di Natale (in realtà questo un poco mi dispiace), riprendo in mano la mia super connessione Internet velocissima, compro il Moleskine grande, mi faccio da mangiare e acquisto il biglietto per il concerto di Allevi (ci andrò da sola e ai miei amici, che mi chiedono quando sarà, riesco a rispondere il 30 febbraio).

venerdì 4 gennaio 2008

Fini teorie

La mia fine teoria sul fatto che i milanesi siano i meridionali del Nord (già discussa con Ale, siciliana e vera nordica del Sud) trova conferma ogni anno nel periodo natalizio quando, per una logica da palinsesto televisivo che non capisco, vengono riproposti i film di Renato Pozzetto. Nel giro di tre giorni riesco a vedere ben quattro suoi film, tra la7 e Sky, che conosco praticamente a memoria, ma che mi fan ridere ogni volta. Pozzetto incarna la milanesità bella e buona, generosa e dai toni sempre un po' troppo alti. Quella che mi piace, quella di prima che arrivasse l'Amaro Ramazzotti a rovinare tutto.

giovedì 3 gennaio 2008

Abbaino

Tutta questa neve fa della mia camera ovadese una stanza buia. Ho dormito troppo stamattina perché sembrava ancora notte, e il pomeriggio di lavoro ininterrotto mi è parso una serata a Torino, davanti alla mela luminosa, a rivedere e correggere parole di altri.
Oggi son quelle di Paulo Freire, che racconta cosa significhi vivere da esiliati in una maniera che mi commuove (va beh che oggi mi commuovo facile). Gli mancava l'ossigeno brasiliano: a La Paz l'altitudine è violenta, la nostalgia pure quando si è lontani da ciò che si ama.
«Il mio corpo si muoveva di nuovo come prima, facilmente, in fretta, senza sentire stanchezza. A La Paz, portare un pacco, anche piccolo, esigeva uno sforzo straordinario da me. A 43 anni mi sentivo vecchio e spossato. Ad Arica, e il giorno dopo a Santiago, recuperai le forze e tutto avvenne all’improvviso, come per magia. Viva l’ossigeno!
Arrivai in Cile sentendomi pienamente me stesso. Passione, nostalgia, tristezza, speranza, desiderio, sogni infranti ma non sfatti, offese, conoscenze accumulate, negli innumerevoli intrecci vissuti, amore per la vita, timori, paure, dubbi, voglia di vivere e d’amare. Soprattutto, speranza».
Paulo Freire


martedì 1 gennaio 2008

My city

Il mio senso estetico (inteso come la capacità di conoscere cose e persone solo attraverso la percezione, i sensi) è in bilico. Ovvero, non so più se è il caso di considerarlo il miglior metro a mia disposizione. Le città, per esempio: tendono a piacermi quelle brulle, grigie, quelle che non visita nessuno appositamente perché son belle, ci si va per altri motivi. Le preferisco perché quando scovo la bellezza dietro una facciata desolata è una gran consolazione che, per di più, non sono costretta a condividere con altri.
Spesso, invece, brutte città sono davvero solo brutte città, e bisogna destreggiarsi a usarle per quello che ti possono offrire nel momento in cui le abiti.