giovedì 30 ottobre 2008

Pillole di saggezza

Prima pillola: è più difficile staccarsi dalle brutte abitudini che da quelle buone.
Seconda pillola: il consumismo ci vuole preparati, non ignoranti.
Queste acute considerazioni mi balzano improvvisamente in testa mentre sono in fila alla cassa di un McDonald's.
Il Duomo è stato ripulito a dovere, il mio stomaco pure. Quindi, per far fronte alla fame di mezzogiorno e mezza, opto per un posto come si deve: la "grande famiglia" della ristorazione, lì, a due passi da me.
Scegliere il menù, però, è complicato come il Sudoku diabolico della domenica, e il ragazzo con il berretto rosso alla cassa sembra spazientito: vuoi le patatine normali o le patate vertigo?
Per non sbagliare, rispondo "normale" a tutte le domande che mi fa, perdendomi chissà quali meraviglie. E il mio stomaco ringrazia.

domenica 19 ottobre 2008

Centrismi

Ho poche convinzioni, ma tutte buone. Mi esalto, poi, quando le vedo rappresentate e avvalorate da voci un poco più auterevoli della mia.
È accaduto ieri, durante la visione del film Vicky, Cristina, Barcelona di Woody Allen.
Brevemente: due turiste americane passano l'estate a Barcellona. Vicky è razionale e decisa a ottenere il meglio dall'amore (si sta per sposare con il classico "bravo ragazzo" che la ama e la rispetta), Cristina è impulsiva e incerta (sa solo quello che non vuole: un amore scontato e prevedibile). Poi c'è Maria Elena, bella, passionale, ma fragile (ha bisogno di precisi punti di riferimento per non cadere schiacciata dalle sue pulsioni).
Infine c'è lui, unico uomo della vicenda, al centro della vicenda: uno splendido Javier Bardem, con tanto di casa strafiga sulle colline di Barcellona, accento spagnolo (ovviamente), maglietta stazzonata quanto basta e pantalone in lino (ha pure le All Star). Nella vita fa il pittore (!), affermato per di più (quindi è benestante), ha un padre poeta e lo puoi trovare in casa a dipingere su grandi tele bianche, rigorosamente con le mani.
È sensuale e sfacciato, ma al momento giusto sa essere di una romanticheria spiazzante.
Allen è bravissimo a rappresentare, in maniera comica, tutto quello che le donne sognano in un uomo, sebbene poi dicano o facciano il contrario (la testimonianza è data dai mugolii di disapprovazione del pubblico femminile in sala ogni volta che veniva inquadrato il fidanzato "per bene" di Vicky). Fatto sta che quella tipologia di uomo non esiste, ma resiste nell'immaginario femminile.
A conferma che il mondo è fallocentrico e, come si ripete per tutto il film, il vero amore romantico è quello che non riesce mai a concretizzarsi.

venerdì 17 ottobre 2008

Il fantasma esce di scena

A 17 anni mi venne il pallino per García Marquez e trovai memorabili letture che oggi, con il senno di poi, non so se mi piacerebbero ancora così tanto.
Mi chiedo se non mi stia accadendo la stessa cosa per Philip Roth.
Non ho ancora comprato Il fantasma esce di scena e già so che mi piacerà. Lo compro, lo leggo, e infatti non mi delude: il libro è bello, così poco sorprendentemente bello. Anzi, è molto bello. D'altra parte l'ha scritto lui, Philip Roth, che renderebbe mirabile anche la lista della spesa. O no?

Nathan Zuckerman ha 71 anni. Anziano incontinente impotente, ha scelto undici anni di vita lontano da New York – la New York dei due governi Bush e dell'11 settembre – e ora vi fa ritorno, la osserva come un fantasma dietro le quinte, e scopre molto semplicemente che ci sono eventi, stati d'animo, oggetti provvisori e mutevoli che convivono con quelli più indelebili.
La paura non è più quella di un tempo, così come i telefoni (che bella la pagina sui cellulari); il desiderio resiste, invece, insieme al piccolo ristorante italiano dove Nathan andava sempre a pranzare.

«Tu parti mentre gli altri, cosa niente affatto sorprendente, restano dove sono e continuano a fare le cose che hanno sempre fatto; e quando torni ti meravigli e provi un brivido fugace nel vedere che sono ancora lì, e ti senti rassicurato dal fatto che c'è qualcuno che passa tutta la vita nello stesso posto e non ha nessuna voglia di andare via».

Philip Roth, Il fantasma esce di scena, Einaudi, Torino 2008






mercoledì 8 ottobre 2008

Il falò delle vanità

Non è per Giorgio Gaber, ben inteso, che mi piace, ed è pure lui di Milano come me. E nemmeno per Irvine Welsh e i suoi segreti erotici (dei grandi chef). E mettiamoci pure un fumetto di Ratman e un prodigioso olio balsamico composto da ben 31 tipi di erbe diverse.
Sono oggetti, e nel mondo degli oggetti privati non esiste una vera e propria democrazia. Almeno che non si entri nella sfera pubblica. Ma questo è un altro discorso.
Sono in mio possesso, sono io l’artefice del loro triste destino… (qui dovrebbe seguire un ghigno sprezzante).
Salvo, invece, l’egregio signor Roland Barthes e la sua camera chiara.
Li salvo per la voce dolce e amica di ieri sera, per quando ci vedremo e brinderemo insieme (con o senza falò).

mercoledì 1 ottobre 2008

Nuda al mercato

Per fortuna esistono i bei libri, sì. Nudo al mercato, di Biyi Bandele, era finito sotto altri ed è venuto fuori prima che entrassi io in ospedale. È un libro straordinario, con la capacità di unire diversi registri e più voci.
Gli appunti di Rayo sulla sua prigionia da parte del governo dello Zowabia, l’amore per Tere che dorme con tutti per pagarsi gli studi, la voce di un fratello che assiste a una vita di pazzia, senza saper mantenere, però, la stessa lucidità di chi è capace a uscire, spogliarsi e correre nudo al mercato della sua città.
In tutto ciò riesce a inserirsi anche una breve leggenda (per me sono le pagine più belle) sullo Zowabia e sulla sua gente, che costruisce muri elettrificati e redige uno splendido esempio di Costituzione (chiamata “dei Due Pesi e delle Due Misure”).

Vorrei avere la stessa sensatezza di Rayo in questo momento, la stessa calma intelligenza che sa dove andare a parare, con il coraggio di chi non è certo di nulla. Vorrei la mia Tere, che non sarebbe mia, ma ci sarebbe quando ne ho bisogno. Ora. Vorrei un’altra città e altre leggi. E poi…

L’ho presa tra le braccia e l’ho spinta in alto sull’altalena. Lei ha riso e riso e riso. Abbiamo costruito castelli sulla sabbia, castelli giganti e castelli piccolissimi e castelli medi. E abbiamo riso e riso e riso. I castelli si ergevano orgogliosi sulla sabbia, e bellissimi. Erano dipinti di ogni colore e sfumatura mai vista a questo mondo: verde, nero, bianco, rosso, giallo, azzurro, viola, nocciola, ambra, grigio, marrone… mille colori e diecimila sfumature e un arcobaleno fatto di dieci arcobaleni.
E lei ha riso. E io ho riso. E lei ha riso. E io le ho detto: «Tere, un giorno ti sposerò e costruirò un castello come questo. Il più bel castello del mondo, di mille colori, con la musica giorno e notte. Per me e te soli».

Biyi Bandele, Nudo al mercato, Edizioni gorée, Iesa 2007