mercoledì 11 luglio 2007

Lavorare stanca

Mentre rifletto se guardare Panarea alla televisione a volume altissimo o ascoltare la musica dei miei vicini di casa a volume altissimo, ricopio qui una breve parte della Lectio Magistralis di Luigi Meneghello, «L'apprendistato», pubblicata sul Domenicale. E ripenso al giorno in cui, tra Malerba e Meneghello, scelsi di leggere il secondo. E al lavoro come costruzione di un capolavoro.
Aveva imparato a tornire da ragazzo a Marano, un paese vicino al nostro, ma naturalmente aveva lavorato anche prima. Sui vent'anni era andato a Verona a fare il suo Capolavoro. Dice che restò impressionato soprattutto dalla bellezza e modernità dei tornii; non ne aveva mai visti di così splendidi, ma si orientò subito.
Il capolavoro che gli diedero da fare era una vite senza fine; preparò il pezzo, misurò, ci fece i segnetti che bisogna farci per tornire una vite senza fine, e a questo punto il capo che lo stava a guardare aveva già capito che era bravo e disse: «Basta così».
Vorrei poter fare così anch'io, se ne avrò il tempo, scrivere qualcosa di veramente conclusivo, magari solo una paginetta, o un paio, ma da scrittore finalmente maturo. E che voi, come già a mio padre i suoi esaminatori, mi diceste: «Ok, basta così».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Leggo "L'apprendistato" in treno, verso sera, di ritorno da Roma a Torino. Mi lascia un po' un vuoto quella frase.
Sarà ricerca di un gesto che ci appaghi? Oppure è la voglia di sentirsi sempre a un passo dalla bellezza?