martedì 8 aprile 2008

senza titolo

Abbracciati stretti, il ragazzo e la ragazza si mossero giù per il vialetto. Ballavano. E quando finì il disco, ne misero su un altro, e quando finì anche quello il ragazzo disse: “Sono ubriaco”.
La ragazza gli disse: “Ma va’ là che non è vero”.
“E invece sono ubriaco”, disse il ragazzo.
L’uomo mise su l’altra facciata del disco e il ragazzo disse: “È vero”.
“Balla con me”, la ragazza disse al ragazzo e poi all’uomo, e quando l’uomo si alzò, lei gli si avvicinò a braccia spalancate.

“C’è della gente laggiù che ci guarda”, disse lei.
“È tutto a posto”, rispose l’uomo. “Questa è casa mia”, disse.
“Che guardino pure”, disse la ragazza.
“Proprio così”, disse l’uomo. “Credevano di averne viste di tutti i colori, qui. Ma una cosa del genere non l’avevano ancora vista, eh?”, disse.
Sentiva il fiato della ragazza sul collo.
“Spero che il letto le piaccia”, disse.
La ragazza chiuse e riaprì gli occhi. Spinse il viso contro la spalla dell’uomo. Lo strinse ancora di più a sé.
“Lei dev’essere disperato o qualcosa del genere”, disse.

[…] Non smetteva di parlarne. Lo raccontava a tutti. C’era qualcos’altro da dire e lei tentava di tirarlo fuori. Ma dopo un po’ smise di provarci.

R. Carver, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore, minimum fax, Roma 2001.


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