martedì 12 febbraio 2008

Woody

Parecchio tempo fa sul Corriere della Sera, Giovanni Raboni scrisse un articolo per me memorabile sulla sua non-così-folgorante passione per Woody Allen e, in generale, sulla difficoltà che si prova ad ammettere una mancata condivisione di giudizi praticamente inattaccabili (Woody Allen è un genio).
Dopo aver letto il pezzo di Raboni, anch'io a cuor leggero mi sono sentita di dire che, in fondo, a me W.A. non ha mai fatto impazzire, non ha mai fatto così tanto ridere e non è uno dei miei registi preferiti.
Dopo la visione di Sogni e delitti (altra pessima traduzione di un titolo che poteva rimanere tale, Cassandra's dream), però, non so più se rimanere di questo avviso. Se Match Point aveva stravolto per qualche giorno la mia immacolata coscienza, Sogni e delitti forse fa qualcosa di più. L'impianto articolato come una tragedia greca, il finale shakespeareano, la vittoria assoluta dello zio Howard: tutto ruota intorno a una concezione della morte come salvifica in un senso talmente poco cristiano, che di più Allen proprio non avrebbe potuto rendere.
La morte, infatti, non salva te stesso, ma gli altri. E lo fa non tanto portandoti via da una realtà maledetta, ma semplicemente annullando la tua presenza in terra.
Solo se non ci sei io posso vincere e starmene finalmente in pace.

2 commenti:

Andrea Tullio Canobbio ha detto...

Curioso, mentre la tua passione per Woody aumenta, la mia decresce. Sarà perché l’impianto da tragedia greca nuoce al realismo, sarà perché Hayley Atwell ha l’espressività di un moai, ma a me il film non è piaciuto.

cristianaeffe ha detto...

Pensa che se io fossi un uomo, una come la Atwell mi piacerebbe un sacco. E pensa pure che il film mi ha convinto proprio perché poco realista. E pensa... va bè basta, ti faccio una testa così alla nostra serata alcolica.